Fabio Borgia
Naufragio
Come giovane ufficiale
il nonno Arturo è sulla nave
per salvar l'Italia nostra.
Quando in cielo un bel tedesco
sgancia presto due siluri.
Il naufragio è molto brutto
tanti, troppi sono morti.
Il nonno salva l'amico ferito
ed a nuoto s'allontana.
Oramai la guerra è già finita
pochi a casa son tornati.
Il nonno sa che questa vita
va difesa a tutti i costi.
Fabio Borgia è nipote del G.M. Arturo Catalano Gonzaga - quando l'ha scritta aveva 8 anni
Italo Pizzo
Un naufrago ai compagni caduti
Un solino azzurro navigava a mezz’acqua
come un’alga strappata allo scoglio.
Nella calma di quel pomeriggio settembrino
improvvisa la vampa rossa
salì da cuore squarciato
della bella nave,
salì a illividire di denso fumo
il cielo;
il rombo fu come un urlo immenso
di dolore sovrumano.
E fu tutto un ribollir di salsa schiuma
intorno al gorgo,
aperto come una bocca di morte
sul ventre vorace del mare.
Mille e cinquecento i morti
in un solo grande feretro d’acciaio
ad adunghiare ancora
le armi ed i comandi
nell’ombra azzurra degli abissi.
Da capo Testa all’Asinara
riecheggia la risacca
lo strazio delle madri e delle spose
e lo stupore doloroso degli orfani.
Pregno di salso e macchiato di rosso
un solino azzurro beve il calore del sole
sui sassi della riva.
Floriana Vittani
SUPERSTITE DI MARINA
(marinaio carpentiere)
E' un marinaio:
è solo.
Solo in balìa del mare
ed ha paura...
paura di morire.
Il gigante d'acciaio,
corazzata Roma,
sulla quale si trovava,
al sicuro,
è sprofondata,
al lancio di una bomba
nemica.
Non sente più il suo corpo,
aggrappato
ad un salvagente,
sente la fine,
vicina.
La stanchezza lo vince,
ma grida:
aiuto!
Il grido d' istinto di ogni salvezza.
Poi... il buio.
Mamma!
La prima parola
al risveglio.
E' vivo, dolorante e bruciato,
ma ancora al mondo.
Quel mondo nel quale
ancora vive
da ottantaquattro anni
e la gioia più grande che prova
è
non aver più vissuto
nessuna guerra.
Giuseppe Vallebona
ALLA MADRE DEI MARINAI
(Donna Fortuna Riudavez Novella)
L'Anima canta
Gastaldi Editore - Milano 1954.
E' un'ora grave, triste della Patria.
Bruciano i corpi e l'anime,
ardono i cuor nell'ansia e nel dolore,
fremono gl'inermi, tacciono i cannoni.
Braccati come lupi, là, sul mare,
s'avvian in corteo
lugubre
sull'onde non più fide
quattro brani di Patria.
V'han nell'acciaio gli uomini temprato
muscoli e cuore;
è nel corteo il segno della Morte e della Gloria,
v'aleggia cupa, sconfortante l'ombra
della disfatta.
Non ha meta il corteo.
Spunta laggiù nella penombra, tenue
striscia di terra.
Arrancano i motor l'ultimo spazio
fino all'ultima goccia del prezioso
carburante che dà lor forza e vita;
dilaniati e compianti attendon l'ora
dell'ultimo riposo
i morti della "Roma"…
Una donna li attende, solitaria
anima lagrimante sulla sponda,
una donna li abbraccia nel suo sguardo,
figlia d'Italia su straniera terra,
una donna che, madre, nel suo cuore
i sospiri e i lamenti d'altre madri
rinserra e soffre.
E là, sola col cuore e con lo strazio,
vede scendere a terra,
per il velo di lacrime, coi vivi
i martiri.
Son là, al dolce sposo li accomuna
nel luogo e nell'amor. Da quelle tombe
insistente e tenace si diffonde
un profumo di fior
ch'avea
<< Villa Fortuna >>.
La vedono in gramaglie i cento , i mille
marinai d'Italia
pianger con essi,
scender con loro, intenerirli, umile,
col generoso ofrir d'ogni suo avere,
il sacrificio nulla sembrando
alla "Mamma" che un misero sollievo
alle torture.
Sgranano lenti come in un <<rosario>>,
terribile rosario - in prigionia - ,
i giorni, i mesi; ma una donna sempre
è con essi sovr'essi,
con le provvide cure d'una madre
a raddolcire col sorriso pio
le miserie e gli affanni.
Il turbine è passato. L'ora attesa
è giunta. Si ritorna.
Si ricongiungono al provato tronco
quei brani della Patria,
ma un'ombra offusca del ritorno il gaudio;
ritta, minuta sulla sponda, ancora
una fragile donna e un sacro drappo:
<<Mamma Fortuna>> avvinta al tricolore!
Non le servono gli occhi, ché di lacrime
una nebbia li assale,
ma il suo cuore
sente che il dolce sacrificio è al fine,
che i figli del dolore se ne vanno,
che non li avrà più.
E li accompagna trepida con l'anima,
Angelo di pietà, verso lor madri
di cui per tanto tempo
ha sommato gli affanni.
Ma lì, in un angolo di silenzio e pace
c'è chi l'attende, c'è chi ne sospira
preghiere e pianto……
<<Madonna delle Grazie>> ha nome il sito,
<<Signora dell'Amor>> chiaman quei morti
Te,
Donna Fortuna, <<Mamma di Mahon>>!
Dino Macchia - Capo Impianto torre m.c. n°4
Alla Corazzata Roma
Scafo possente
dal vetusto
nome,
tolda ferrigna
irta di cannoni,
il fuoco che ti fece
ti disfece…
Il mar che tu domasti
ti sommerse
come festuca
priva di ogni vita.
Venne dal ciel l’insidia
non domata
e fu la fine,
un pauroso gorgo
tutto travolse al fondo.
Uomini e cose.
E poi la notte venne
e tutto tacque,
sola s’udì salire
una gran voce…
che l’onda propagò
per tutti i mari;
voce di morti
dall’abisso fondo,
monito al mondo:
“Roma”…mai tramontata.