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Orazio Luigi Marzi - R.N. Fuciliere

Il mio primo imbarco da Aspirante Guardiamarina fu l'incrociatore Eugenio di Savoia che raggiunsi alla Spezia il 15 aprile 1943; il mio incarico era quel]o di Sottordine al Servizio Artiglieria, come Capo reparto delle mitragliere. Ero su quella nave, sede del comando della VII Divisione Incrociatori retto dall'Ammiraglio di Divisione Romeo Oliva, quando, il 4 agosto 1943, assieme al Montecuccoli partimmo per la missione che prevedeva il bombardamento di Palermo, già occupata dagli Alleati. Come è noto la missione fu interrotta poi che l'ammiraglio ritenne che fosse venuto meno l'effetto sorpresa.

Il 7 settembre 1943, alla Spezia, lasciai l' incrociatore per passare, sempre come sottordine al servizio Artiglieria, sul caccia Fuciliere della XII Squadriglia CC.TT. Il Comandante era il C.F. Uguccione Scroffa, mentre il C. V. Giuseppe Marini, comandava il Mitragliere, unità Capo Squadrig]ia, ed il C.F. Gianmaria Bongiovanni il Carabiniere. Quarta unità deIla Squadriglia era il Velite.

Ero al mio secondo giorno d'imbarco quando, l'8 settembre, la radio nazionale comunicò la notizia de]l'armistizio. Nella notte tutte le navi in grado di muovere partirono daIla Spezia, agli ordini dell'Ammiraglio Bergamini, e la nostra Squadriglia assunse il compito deIla scorta diretta aIle navi da battaglia Roma, Vittorio Veneto ed Italia, prendendo posto sul lato sinistro deIla formazione, in linea di fila. Eravamo diretti aIla Maddalena ma aIle ore 14.45 del 9 settembre, avendo ricevuto l' informazione che la base ove eravamo diretti era occupata dai tedeschi, il Comandante in Capo ordinava un'inversione di rotta, dopo di che fecero la loro apparizione aerei da bombardamento tedeschi che impiegarono, per la prima volta, bombe teleguidate (che furono poi identificate come Fritz-X). Gli attacchi aerei colpirono la nave da battaglia Italia con una bomba a prora che fece imbarcare circa 600 tonnellate d'acqua, senza peraltro menomare le capacità operative deIl'unità, e la nave da battaglia Roma con due bombe che ne provocarono il rapido affondamento.

Durante l' attacco aereo il Fuciliere, come d' altronde tutte le altre unità, reagì con le sue artiglierie (cannoni da 120/38) sparando contro g]i aerei che però risultavano a quota superiore ai 6000 m e quindi fuori portata. Dopo l'affondamento deIla Roma, che costò la vita a 1227 uomini tra i quali il Comandante in Capo A.S. Carlo Bergamini, l' Attilio Regolo e la nostra Squadriglia (eccetto il Velite) furono incaricati di provvedere al recupero dei naufraghi deIla nave affondata. (Secondo la relazione ufficiale della C. I. S. (Commissione d'inchiesta) all'affondamento della nave Roma seguirono queste comunicazioni:

Dalla Vittorio Veneto al Comando 7° Divisione (Amm. Oliva)

"Credo nave Roma colpita propongo mandare due cc.tt. salvare gente (alt) Da intercettati ,sembra dobbiamo andare a Sona 160509".

Il Comando della 8° Divisione (Amm. Biancheri ) alle 16.08 diede il seguente ordine ai cc. t t. Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere: "Date soccorso alla Roma, ed injformò l'Amm. Oliva, Comandante della VII° Divisione, che ,spettava a lui il Comando in Capo della FF.NN.BB. avendo la quasi certezza che "l'Ecc. Bergamini sia morto o comunque non in condizioni di comandare ".

A sua volta la VII° Divisione, alle 16.02, ordinò alla XII° Squadriglia e alI' Attilio Regolo di andare a dare assistenza alla nave colpita (analogo ordine venne impartito alla Squadriglia "Pegaso" che era in arretrato sulla rotta), come risulta dal telegramma:

1616. " Date assistenza nave colpita 160209 ".

Esso fu trasmesso dopo di quello dell' VIII°, sebbene fosse stato probabilmente concepito prima: ne derivò che il caccia Velite non essendo stato chiamato dal Comando 8° Divi.sione, non andò in .soccorso ai naugraghi, ma rimase informazione).

Al termine dell'operazione di soccorso il Fuciliere aveva bordo circa 150 naufraghi, alcuni dei quali con ferite ed ustioni gravissime in conseguenza delle quali morirono entro le successive 24-28 ore. Poi, mentre la Forza Navale proseguiva la sua navigazione verso Sud, diretta a Bona e quindi a Malta, il gruppo navale Attilio Regolo, Mitragliere, Fuciliere e Carabiniere, al comando del C. V. Marini sul Mitragliere, dirigeva per la terra neutrale più vicina, le isole Baleari, per sbarcarvi i naufraghi feriti, tra i quali alcuni in gravissime condizioni (cito per tutti gli Squali: Michele Scotto e Marcello Vacca Torelli).

Il mattino del' 11 settembre il gruppo entrava nella rada di Port Mahon, nell'isola di Minorca ed i feriti erano subito ricoverati nel piccolo ospedale militare che si trovava sull'isoletta al centro della rada. Le navi italiane, non avendo potuto rifornirsi di carburante e di viveri per opposizione del Governo spagnolo, dopo le 72 ore previste dal Diritto Internazionale, furono considerate internate dalle autorità spagnole.

Tutte e quattro le unità furono ormeggiate "a pacchetto" al centro della rada ed a tutte fu imposto di smontare e consegnare le culatte dei cannoni, gli otturatori delle mitragliere e le portelle delle caldaie, materiale che fu dato in custodia al Comando della Base Navale.

Le navi erano sorvegliate dai caccia Churruca ed Escano e - si fa per dire! ­da un vecchio esploratore italiano, il Guglielmo Pene della classe "Poerio", ceduto alla Spagna nel 1938 e ribattezzato Teruel, oltre che da un reparto della Infanteria de Marina.

Ebbe così inizio un periodo di consegna a bordo delle navi senza alcun contatto esterno. Solo un Ufficiale Commissario per nave, affiancato da un Ufficiale della Infanteria di Marina (per il Fuciliere era il Capitano Don Lorenzo Arbona y Penilla, che divenne poi nostro buon amico) poteva accedere ai magazzini della base e andare nei negozi convenzionati della città, per i rifornimenti di viveri.

fu un periodo molto triste. Mancavano notizie della situazione italiana e dei nostri cari, nè ci era possibile inviarne. Si aggiunga anche che i viveri erano piuttosto scarsi. In verità non si può dire che si soffrisse la fame, ma molti accusarono debolezza per carenza di alimentazione al punto che i servizi di bordo ed i lavori furono ridotti alI' essenziale.

Inoltre il pensiero della disfatta, dell' affondamento della Roma che aveva provocato tante perdite umane, delle sommarie cure che era stato possibile prestare in navigazione ad alcuni superstiti feriti, quando, esaurite le scorte dell'infermeria, per mancanza di bende avevamo dovuto sacrificare indumenti personali, del successivo ricovero dei più sofferenti e bisognosi (non posso dimenticare il caro Scotto - il "Polpo" come lo chiamavamo - con il capo completamente bendato).......tutto concorreva ad accrescere la tristezza e lo sconforto nella nostra situazione.

Un primo parziale sollievo si ebbe in occasione delle Feste natalizie, durante le quali ci fu concesso di scendere a terra in turni separati di 2 ore (Sottufficiali e Marinai dalle 14 alle 16, Ufficiali dalle 17 alle 19). Avemmo così i primi contatti con la città e, sporadicamente, con la popolazione.

Nel marzo 1944 si verificò un fatto, per un certo verso, cruciale: forse perche cominciava ad avvertirsi un senso di insofferenza da parte di alcuni fedeli al vecchio regime - e qui esprimo un' opinione del tutto personale - fedeli per un sentito senso dell'onore e di dignità e non certo per altro - noi Ufficiali fummo invitati a rinnovare il giuramento di fedeltà al Re. Sul Fuciliere si rifiutarono il Direttore del Tiro Marco Andrenelli ed il Direttore di Macchina (non ne ricordo il nome). Detti ufficiali, dichiaratisi aderenti alla Repubblica Sociale Italiana, furono subito sbarcati. Di conseguenza io, sottordine al Servizio Artiglieria, fui nominato Direttore del Tiro e Capo del 3/4 Reparto.

Mano a mano che le sorti del conflitto volgevano a favore degli Alleati, la sorveglianza spagnola andava attenuandosi tanto che in occasione della Pasqua potemmo godere di una libertà quasi completa. Questo miglioramento del tenore di vita ci rese tutti più distesi anche perche i contatti con la cittadinanza di Mahon si fecero più frequenti: aumentò soprattutto la frequentazione del gentil sesso, rappresentato, almeno per noi ufficiali, da senoritas' di buona famiglia ma anche - perche no? - da bailarinas del "Trocadero", noto locale del "Barrio chino"!

Il nostro soggiorno forzato migliorò ulteriormente quando le navi furono trasferite dall'ancoraggio in rada ai pennelli della Base Navale. Da allora potemmo godere di una libertà ancor maggiore pur rispettando sempre la nostra condizione di internati. Alcuni di noi furono anche invitati sui caccia addetti alla nostra sorveglianza, Churruca ed Escano, e poterono così familiarizzare con i loro stati maggiori. Aggiungo un fatto curioso che può dar la giusta idea dei nostri rapporti con l' Armada: un giorno si verificò un'avaria ad una mitragliera del vecchio Teruel e, data la mia specializzazione, mi fu richiesto un intervento da parte spagnola. Aderii subito servendomi di alcuni provetti armaroli del Fuciliere, che risolsero il problema.

Questa situazione di relativa libertà si protrasse sino al gennaio 1945, quando fu dichiarato non valido, a norma del diritto internazionale, il nostro internamento. Le navi poterono allora lasciare Port Mahon per rientrare in Italia, Dopo una breve sosta a Tangeri, per effettuare i necessari rifornimenti nei Navy Stores alleati, proseguimmo per Taranto dove arrivammo il 26 gennaio 1945.

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