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Quali istruzioni e ordini aveva dato l'Ammiraglio Bergamini?

Vi è stata, e talvolta sussiste ancora, una discussione fra storici ed alcuni dei superstiti e/o studiosi, su quali fossero le intenzioni di Bergamini una volta appreso che La Maddalena era stata occupata dai tedeschi. Anche vi sono state varie ipotesi su cosa accadde a bordo della Roma poco prima dell'affondamento.

Purtuttavia, per una serena ricostruzione dei fatti, non possiamo che basarci sugli effettivi riscontri storici derivanti dala documentazione esaminata dal Comandante Pier Paolo Bergamini, figlio dell'Ammiraglio, editi  dalla Rivista Marittima nella 2° edizione del suo libro "Le Forze Navali da Battaglia e l'Armistizio" il 9 settembre 2003, in occasione della commemorazione avvenuta nelle acque dell'Asinara, del 60° anniversario dell'affondamento del Roma. E tali fatti dimostrano inequivocabilmente il profondo senso del dovere che dimostrò la Marina e il suo Comandante in Capo delle FF.NN .BB in quei tragici frangenti.

Al mattino del 7 settembre ebbi con l’ammiraglio Bergamini,( Comandante in Capo delle FF.NN .BB., giunto in macchina dalla Spezia per la riunione convocata per il pomeriggio) “un colloquio sullo spirito della Flotta. Ebbi da lui piena ed esplicita assicurazione che la Flotta era pronta a uscire per combattere nelle acque del Tirreno meridionale la sua ultima battaglia. Mi disse che Comandanti ed Ufficiali erano perfettamente consci della realtà cui sarebbero andati incontro, ma che in tutti era fermissima la decisione di combatte­re fino all’estremo delle possibilità. Gli equipaggi erano pieni di fede e di entusiasmo. L’addestramento aveva fatto negli ultimi tempi buoni progressi. Gli accordi presi con l’Aeronautica tedesca e quella italiana e le esperienze compiute davano buon affidamento di poter finalmente contare su una discreta cooperazione aeronavale. Egli confermava che, intervenendo a operazione di sbarco appena iniziata e traendo profitto dall’inevitabile crisi di quella delicata fase, sarebbe stato possibile infliggere al nemico gravi danni. Ricordo questo colloquio con commozione perché dalle parole di quest’uomo, vissuto sempre sulle navi e per le navi, emanava senza alcuna iattanza la tranquilla sicurezza di poter chiedere al potente organismo nelle sue mani lo sforzo estremo e il sacrificio totale. Sapendo che le forze subacquee erano già in movimento e che le forze siluranti minori erano pronte ad entrare in azione, non potevo non pensare e non posso non riaffermare oggi che la Marina fu colta dall’Armistizio in piena efficienza materiale e morale”.

L’ammiraglio Bergamini, al termine ditale riunione, si incontrò con l’ammiraglio Massimo Girosi, Capo Reparto Operazioni ed Addestramento di Supermarina, per esaminare gli ordini predisposti per l’ormai prossima uscita delle FF.NN.BB., ordini che ebbero la sua approvazione nonché quella degli ammiragli de Courten e Sansonetti. L’ammiraglio Girosi così scrive al riguardo al comandante Pier Paolo Bergamini: “A conferma di quanto tu mi hai scritto ti dirò che gli ordini di operazione per quella che presumibilmente sarebbe stata l’ultima uscita con il supremo sacrificio di tutte le nostre forze navali, erano stati da me compilati materialmente con il pieno assenso di Tuo padre e del Capo e Sottocapo di Stato Maggiore della Marina. Essi erano così chiari e risoluti che prevedevano anche l’ipotesi di falle o necessità di portare in appropriata posizione le navi in secco e di farle continuare a sparare come batterie fisse, salvo a farle saltare in caso di necessità”.

Dunque la ferma convinzione, il 7 settembre, era quello dell'atto di supremo sacrificio della flotta nel contrastare il tentativo di sbarco alleato in Sud Italia.

Alle 19.00 circa l’ammiraglio de Courten ebbe un nuovo colloquio con l’ammiraglio Bergamini: “Sebbene le restrizioni impostemi non mi consentissero di metterlo esattamente al corrente di quanto avevo finora saputo circa il problema dell’armistizio, gli manifestai le mie preoccupazioni per l’evidente evoluzione della situazione naziona­le verso una soluzione definitiva imposta dalle condizioni generali del Paese, sicché poteva anche attendersi, a breve scadenza di tempo, che ci si trovasse di fronte a fatti compiuti. Tenni anche a mettergli in evidenza la mia opinione che, in questa difficile e complessa fase, l’esistenza della Flotta, che era organismo compatto e di forte capacità offensiva, costituisse elemento preminente, in grado di esercitare una influenza proporzionata al suo valo­re assoluto e relativo. Esaminai poi con lui l’eventualità che, di fronte a una azione offensiva tedesca, le navi della Flotta riuscissero a sottrarsi ad ogni minaccia uscendo dai porti, ma si trovassero nella situazione imbarazzante di non sapere dove dirigere, per non rimanere in zone controllate dai Tedeschi e per non passare in zone controllate dagli Anglo-Americani. Passammo in rassegna tutte le alternative convenendo che, in questo caso estremo, avrebbe potuto essere presa in considerazione la decisione di autoaffondare in alti fondali tutte le unità navali, impiegando per il salvataggio degli equipaggi il naviglio sottile, che poi si sarebbe distrutto in alto mare o in costa. E, con questa opprimente conclusione, la quale tuttavia non appariva, al momento, di urgente attualità, ci accomiatammo”.

In realtà  de Courten, ancora il 7 settembre non era al corrente della firma dell'Armistizio

Nella notte sull’8, e alle prime luci dell’alba, ulteriori avvistamenti dei convogli diretti verso il Golfo di Salerno, dettero certezza all’ammiraglio de Courten che era da attendersi, a breve scadenza, una operazione di sbarco degli Alleati verso le coste italiane centro-meridionali. Pertanto “dopo aver interpellato il Comando Supremo, che diede il suo assenso, alle ore 08 .00 fu trasmesso alla Flotta l’ordine di tenersi pronti a muovere alle ore 14.00 dell’8”. Partendo a tale ora la Flotta si sarebbe trovata nelle acque del Tirreno meridionale nelle prime ore del giorno 9 potendo quindi intervenire nella fase critica dell’inizio dello sbarco, così come concordato con l’ammiraglio Bergamini.

L’ammiraglio de Courten si recò al mattino presto dell’8 settembre dal generale Ambrosio per riferirgli l’esito della “Missione Ibis” (che si era conclusa con lo sbarco a Gaeta del generale Taylor e del colonnello Gardiner), per consegnargli i due promemoria riguardanti le “Istruzioni Dick” e per comunicargli gli ordini impartiti per l’imminente partenza delle FF.NN.BB. per il Tirreno meridionale “mettendo in evidenza le disponibilità dei mezzi e le prospettive del risultato, il carattere dell’impegno”.

Il generale Ambrosio, che appariva particolarmente cupo e preoccupato, comunicò allora all’ammiraglio de Courten che gli anglo-americani avevano respinto la proposta di riunire le FF.NN.BB. alla Maddalena, ma che comunque egli stava insistendo per l’accoglimento della richiesta italiana con la speranza di riuscire a ottenere qualche cosa. Gli Alleati concordavano invece sul trasferimento del Re a La Maddalena consentendo però di lasciare, a disposizione del Re e del suo seguito, soltanto un incrociatore e quattro cacciatorpediniere di scorta.

Per quanto riguarda i movimenti delle FF.NN.BB. era opportuno attendere il suo “via”; venne però deciso di passare allo stato di approntamento in due ore e di far passare le navi agli ormeggi in rada, mentre l’8a Divisione Navale doveva restare pronta in due ore a Genova. Tali disposizioni furono trasmesse alle ore 10.00 al Comando in Capo delle FF.NN.BB.. L’ammiraglio de Courten, alle ore 12.00, in considerazione anche dell’atteggiamento tenuto dal generale Ambrosio nella riunione del mattino si preoccupò di non aver ancora ricevuto sue disposizioni in merito alla partenza delle FF.NN.BB. per Salerno.

Così egli riferisce nelle sue Memorie: “A mezzogiorno, non avendomi il generale Ambrosio fatta nessuna comunicazione, le mie preoccupazioni si fecero più gravi. Ebbi la sensazione che potesse divenire realtà l’eventualità presa in considerazione il giorno prima, con l’ammiraglio Bergamini, quella di trovarsi in stato di ostilità con le due parti, senza sapere dove appoggiare la Flotta”.

E ancora appresso così si esprime in merito all’autoaffondamento: “L’orientamento di questa presa di posizione era largamente influenzata dalla circostanza che il persistente silenzio del generale Ambrosio, irraggiungibile, lasciava molto perplessi sul significato di questo atteggiamento, che appariva ambiguo e suscettibile di qualsiasi interpretazione”.

Egli pertanto decise, qualora non gli fossero pervenute in tempo utile le opportune disposizioni in merito alla partenza per Salerno delle FF.NN.BB. di:

·        considerare annullata la missione delle FF.NN.BB. a Salerno;

·        prevedere comunque il trasferimento della Flotta a La Maddalena;

·        predisporre anche le opportune disposizioni per l’eventuale autoaffondamento delle unità navali.

L’ammiraglio de Courten, verso le 12.30, ebbe un incontro con l’ammiraglio Bruno Brivonesi, Comandante Militare Marittimo Autonomo della Sardegna, da lui convocato e giunto in aereo da La Maddalena.

L’ammiraglio Brivonesi gli riferì che il generale Antonio Basso, Comandante delle Forze Armate della Sardegna (i Comandi Militari Marittimi dipendevano operativamente per la parte a terra dagli Alti Comandi dell’Esercito) gli aveva già comunicato le direttive ricevute dal Comando Supremo in caso di attacco tedesco. Vennero inoltre esaminate le disposizioni da attuare il giorno seguente in caso di attraccaggio della Flotta a La Maddalena, nonché la eventuale sistemazione della Famiglia Reale e di parte del Governo qualora ne venisse confermato il trasferimento a La Maddalena.  Dopo tale colloquio l’ammiraglio Brivonesi si recò dall’ammiraglio Sansonetti il quale, tra l’altro, gli affidò un plico che conteneva dei documenti da consegnare all’ammiraglio Bergamini al suo arrivo a La Maddalena, che comprendeva probabilmente anche le “Istruzioni” del commodoro Dick, e rientrò immediatamente in aereo in sede

L'8 settembre, l’ammiraglio de Courten, poco dopo le ore 17.30, ricevette al ministero della Marina una telefonata urgente con l’ordine di trovarsi verso le 18.00 al Quirinale. Analoga generica comunicazione urgente, verso la stessa ora, fu ricevuta dai partecipanti alla riunione, così come risulta dalle loro Relazioni.

Alla riunione al Quirinale erano presenti il maresciallo Badoglio, il generale Ambrosio, i ministri Guariglia e Sorice, l’ammiraglio de Courten, il generale Sandalli, il generale Roatta, il generale Giuseppe de Stefanis, Sottocapo di Stato Maggiore dell’Esercito e il generale Carboni. Badoglio, Guariglia e Ambrosio furono fatti entrare immediatamente alla presenza del Re, poco dopo furono introdotte anche le altre autorità convocate.

Il Re disse: “Il generale Eisenhower ha comunicato che questa sera stessa egli farà alla Radio la notificazione dell’Armistizio, mentre questo avrebbe dovuto avvenire solo fra qualche giorno. Ho voluto riunire Lor signori per conoscere la loro opinione su questa improvvisa ed imprevista modifica della situazione”.

L’ammiraglio de Courten espresse al ministro Guariglia, vicino di posto, la sua sorpresa non essendo al corrente della firma di un armistizio e delle relative clausole.

Il Re, notando lo scambio di parole tra de Courten e Guariglia si rivolse a de Courten: “Lei Ammiraglio che ne pensa? Rispondo. Non ho conoscenza che sia stato concluso un armistizio, né le sue clausole, né di una data fissata per la sua notificazione, non mi sento quindi di esprimere un parere su una questione della quale ignoro gli esatti termini “.

Il generale Sandalli fece presente che era nelle stesse condizioni dell’ammiraglio de Courten.

Il Re invitò allora il generale Ambrosio ad illustrare la situazione che risultò la seguente:

·        i primi contatti fattivi con gli anglo-americani per giungere alla firma di un armistizio risalivano ai primi di Agosto;

·        l’armistizio era stato firmato a Cassibile il 3 settembre (lo stesso giorno in cui il maresciallo Badoglio aveva comunicato a de Courten “che SM il Re aveva deciso di iniziare trattative per la conclusione di un armistizio”);

·        si era insistito per definire la data di notifica tenendo conto delle reciproche esigenze;

·        la data presumibile indicata dai negoziatori era tra il 12 ed il 13 settembre;

·        improvvisamente il generale Eisenhower aveva comunicato che alle ore 18.30 di oggi avrebbe reso nota la firma di un armistizio e la sospensione delle ostilità;

·        tale anticipo creava situazioni gravissime anche tenendo presente la prevedibile reazione tedesca;

·        il generale Rossi, Sottocapo di Stato Maggiore Generale, era partito in volo per Palermo insieme con il generale americano Taylor per persuadere Eisenhower a rinviare di qualche giorno l’annuncio;

·        si sperava che le nostre buone ragioni venissero accolte, ma l’Agenzia Reuter aveva già trasmesso delle indiscrezioni in merito.

Venne fatto entrare il maggiore Marchesi, che aveva partecipato alle trattative armistiziali e alla firma dell’”Armistizio corto” avvenuta a Cassibile il 3 settembre, il quale illustrò sia lo svolgimento delle trattative che la figura del generale Castellano, firmatario dell’Armistizio.

La riunione assunse dei toni vivaci ed i presenti espressero la loro indignazione nei confronti del maresciallo Badoglio e del generale Ambrosio per non averli tenuti al corrente dell’effettivo svolgimento delle trattative armistiziali, che avrebbe loro consentito di prendere in tempo gli opportuni provvedimenti di sicurezza.

Furono inoltre avanzate alcune ipotesi sulle azioni da intraprendere, ma tutte vennero scartate.

Alle ore 18.30 entrò il generale Paolo Puntoni, Aiutante di Campo del Re, per far presente che il generale Eisenhower stava per comunicare da Radio Algeri l’avvenuta firma dell’Armistizio con il Governo italiano.

Il Re, che aveva attentamente seguito gli scambi di vedute, le recriminazioni, le critiche, le varie proposte, chiese di essere lasciato solo per breve tempo per poter riflettere serenamente sulla situazione. Dopo poco chiamò il maresciallo Badoglio e gli comunicò di aver deciso la completa e leale applicazione delle clausole armistiziali ordinando che il Governo, ed in particolare tutte le Forze Armate, dovevano eseguire fedelmente quanto previsto dall’Armistizio.

Il Maresciallo riferì agli altri intervenuti alla riunione, quanto disposto e ordinato dal Re. Badoglio quindi si recò alla sede dell’EIAR per comunicare al popolo italiano la notizia dell’Armistizio.

La riunione del Consiglio della Corona terminò verso le ore 19.00. Il proclama del maresciallo Badoglio venne trasmesso alle ore 19.45.

Su tale riunione si riporta anche quanto scritto in merito dall’ammiraglio (CM) Giovanni Bernardi, attento studioso degli avvenimenti del 1943:

“Le descrizioni che abbiamo della seduta, conclusasi con la decisione del Re di procedere alla dichiarazione dell’armistizio, coincidono nelle loro linee generali, se non nei particolari, dandoci un’idea del clima di smarrimento in cui si svolse. E ciò non solo per il dramma che si abbatteva sulla Nazione, ma anche perché esso giungeva improvviso sia per gli “iniziati”, quali Badoglio e Ambrosio (che avevano creduto sino all‘ultimo che Eisenhower avrebbe rinviata di alcuni giorni, come richiesto, la dichiarazione dell’armistizio), sia, e ancora più, per gli altri che, come ha scritto Guariglia, “poco o poco di preciso sapevano di quanto era accaduto nei giorni precedenti”. Nella riunione emerse infatti che i tre Ministri militari (due dei quali anche Capi di SM), benché fossero stati informati il 3 settembre che era stato deciso d’iniziare trattative per un armistizio, nulla avevano saputo sullo svolgere di questo e tantomeno dell’avvenuta firma, e che il generale Puntoni, quantunque Primo Aiutante di Campo del Re, era stato tenuto all’oscuro di tutto”.

Il generale Ambrosio convocò quindi i tre Capi di Stato Maggiore (de Courten, Roatta e Sandalli) a Palazzo Vidoni.

Egli lesse il testo dell’”Armistizio corto firmato il 3 settembre che, per la Marina, prevedeva all’articolo 4 quanto appresso: “Trasferimento immediato della Flotta e degli Aerei italiani nelle località, che potranno essere indicate dal Comandante in Capo Alleato, unitamente alle disposizioni dettagliate sul loro disarmo che saranno da lui stabilite”.

La reazione dell’ammiraglio de Courten, nell’apprendere per la prima volta questa notizia, fu particolarmente dura, perché non era stato informato di tale clausola e concluse dicendo: “Avete fatto olocausto della Flotta, che era l’unica forza rimasta salda nel Paese, ma non meritate che essa si sacrifichi, darò ordine che essa si auto-affondi questa sera stessa“.

A questo punto il generale Ambrosio consegnò a de Courten il “Memorandum di Quebec” che così iniziava:

“Le presenti condizioni non contemplano un’assistenza attiva da parte dell’Italia nel combattere i tedeschi. La misura in cui le condizioni saranno modificate a favore dell’Italia dipenderà da quanto verrà effettivamente fatto dal Governo e dal popolo italiano per aiutare le Nazioni alleate contro la Germania durante il resto della guerra”.

Il generale Ambrosio aggiunse: “in ogni modo gli Alleati hanno assicurato che rispetteranno l’onore della Flotta”.

A bordo della corazzata Roma, alle 18.30, il Comando in Capo delle FF.NN.BB. intercettava la comunicazione di Radio Algeri con la quale il generale Eisenhower annunciava l’avvenuto Armistizio tra l’Italia e gli Alleati. L’ammiraglio Bergamini apprendeva così inaspettatamente via radio, l’avvenuta firma di un Armistizio.

L’ammiraglio Bergamini riunì immediatamente l’ammiraglio Caraciotti e il suo Stato Maggiore per l’esame della situazione e per prendere le relative decisioni, che furono orientate verso l’autoaffondamento

Alle 19.45, poco dopo il termine di tale riunione, egli sentì alla radio il proclama del maresciallo Badoglio. Stabilì pertanto di recarsi sulla Vittorio Veneto (unica unità che aveva appositamente lasciato ormeggiata alle boe della diga foranea, perché consentivano di mantenere il collegamento telefonico con la terra), per parlare con l’ammiraglio de Courten. Dispose inoltre affinché venisse indetta una riunione degli ammiragli e dei comandanti dipendenti da tenersi alle ore 22.00 sulla Vittorio Veneto

alle 20.30 l’ammiraglio de Courten così riferisce nelle sue “Memorie”: “Mentre cercavo di prendere contatto telefonico con l’ammiraglio Bergamini, egli, che all’annuncio dell’Armistizio ricevuto dalla radio si era portato sulla corazzata Vittorio Veneto, sede del Comando della 9a Divisione, mi stava chiamando”.

L’ammiraglio Bergamini inizialmente esternò la sua indignazione per non essere stato informato il giorno prima della avvenuta conclusione dell’Armistizio, considerando tale atteggiamento come una mancanza di fiducia nei suoi riguardi. Chiedeva quindi di essere esonerato dal Comando in Capo delle FF.NN.BB. Fece comunque presente che non era sua intenzione condurre nei porti alleati le sue navi e che il suo intendimento, nonché quello del suo Stato Maggiore, era di autoaffondare le navi, così come previsto da Supermarina

Gli illustrai la situazione, quale era stata rilevata anche a me nella sua crudezza, ponendomi di fronte al fatto compiuto che prima mi era noto solo in parte, col vincolo del segreto. Gli esposi l’andamento della riunione svoltasi presso il Sovrano, la quale si era chiusa con l’ordine del Comandante Supremo delle Forze Armate [il Re] di eseguire lealmente le dure clausole armistiziali, ordine che certamente era costato al di Lui cuore almeno quanto pesava sul nostro. Gli accennai al successivo incontro con il Capo di Stato Maggiore Generale ed all’esistenza di un documento, da questi comunicatomi [il documento di Quebec], dal quale risultava essere questa la via per dare in avvenire possibilità di vita e di ripresa al popolo italiano, con una certa garanzia da parte dei capi della coalizione anglo-americana. Erano queste le considerazioni che mi inducevano a ritenere necessaria la leale esecuzione delle clausole concordate ed accettate. Gli accennai pure in via generica che l’Armistizio prevedeva il trasferimento della Flotta in zone controllate dagli anglo-americani oltre Bona, con misure precauzionali di sicurezza, ma con il rispetto dell’onore militare. Aggiunsi che conveniva sottrarre a/più presto le navi, non solo al pericolo di un intervento tedesco, che poteva manifestarsi da un momento all’altro, ma anche alla influenza deleteria dell’ambiente di terra ed alle ripercussioni di contatti e discussioni fra Stati Maggiori ed equipaggi di unità diverse. Poiché l’ora avanzata non avrebbe ormai consentito di lasciare le basi navali se non dopo la mezzanotte (e quindi non avrebbe permesso di seguire la procedura del Documento Dick, la quale prevedeva l’arrivo in ore diurne nelle acque di Bona), gli dissi di prepararsi a partire non appena possibile per La Maddalena, dove era già stato predisposto per l’ormeggio e dove gli avrei fatto trovare il testo esatto delle clausole armistiziali e dei documenti connessi, nonché le istruzioni di dettaglio per gli ulteriori movimenti.

Alle 21.30 l’ammiraglio de Courten decise di recarsi a casa del Grande Ammiraglio Paolo Thaon di Revel, che godeva di una profonda stima presso la Marina ed era considerato un “esempio del sentimento dell’onore militare” per esporgli la situazione e avere la sua opinione. L’ammiraglio Thaon di Revel ascoltò attentamente de Courten, si raccolse per qualche minuto in silenziosa meditazione e poi si rivolse a de Courten con queste parole: “La Marina deve eseguire gli ordini di Sua Maestà”. Riuscì piuttosto difficile a Bergamini accettare la necessità di ottenere questo amarissimo sacrificio dai suoi dipendenti, e neanche la prospettiva di un futuro ammorbidimento delle clausole armistiziali poté indurlo a imporre agli equipaggi un atteggiamento che essi consideravano contrario all’onore militare

L’ammiraglio Bergamini, dopo profonda riflessione sui contenuti e sulle argomentazioni esposte dagli ammiragli de Courten e Sansonetti decise di “obbedire al più amaro degli ordini”.

La riunione dell’ammiraglio Bergamini sulla Vittorio Veneto ebbe luogo, come previsto, alle ore 22.00.

Fu fatto un rapido commento sul comunicato dell’Armistizio trasmesso dalla Radio, raccomandò ai Comandanti che non l’avessero già fatto, di riunire gli equipaggi e spiegarne il significato.

Quindi comunicò che le unità delle F.N. in grado di muovere, dovevano, all’ordine che si attendeva dal Centro, trasferirsi alla Maddalena, e che prima di partire occorreva rifornirsi di viveri dalla sussistenza nella maggiore quantità possibile.

Non dette altre comunicazioni in merito alla dislocazione delle navi [in quanto a lui non nota perché gli sarebbe stata comunicata alla Maddalena]. Poi, forse per togliere ogni eventuale dubbio dalla mente dei presenti, parlò della necessità che la forza della Marina rimanesse compatta nello spirito e nella decisione, in quanto essa poteva costituire il più saldo elemento per la ricostruzione della Patria e concluse pronunciando all’incirca le seguenti parole: E’ dovere di ognuno di noi di ubbidire ciecamente agli ordini delle Autorità centrali in quanto esse sole posseggono gli elementi per giudicare la situazione che si è determinata e scegliere la giusta strada da seguire. Noi tutti dobbiamo essere pronti a compiere ogni sacrificio, anche se esso dovesse andare al di là delle nostre vite.

Infine, in risposta ad una domanda rivoltagli da qualche Comandante o di propria iniziativa, disse che non si poteva escludere che le navi fossero attaccate tanto dai tedeschi che dagli alleati e che pertanto bisognava essere pronti a reagire ad ogni offesa, da chiunque fosse pervenuta

Successivamente chiamò l’ammiraglio de Courten che così riporta il colloquio: “Poco prima delle 23.00 il campanello del telefono trillava di nuovo. Era l’ammiraglio Bergamini che mi dava la risposta tanto attesa. Egli concluse e riassunse nel breve dialogo - nel corso del quale gli confermai l’urgenza di lasciare al più presto le acque di La Spezia e l’impegno alleato di rispettare l’onore e la dignità della Marina ed il concordante giudizio del Grande Ammiraglio - con queste semplici parole: “Stai tranquillo, fra poche ore tutta la Squadra partirà per compiere interamente il proprio dovere; tutte le navi in grado di muovere, anche con una sola elica, partiranno con me”.

Alla Spezia l’ammiraglio Bergamini, rientrato sulla Roma fece riunire nuovamente il personale dipendente dal Comando in Capo per informarlo sugli ultimi avvenimenti e sulla decisione da lui presa di “obbedire” agli ordini di attenersi alle disposizioni armistiziali; comunicò che entro breve tempo le Forze Navali sarebbero salpate dalla Spezia dirette temporaneamente alla Maddalena, dove gli sarebbe stato precisato il porto di destinazione finale.

Nel frattempo Supermarina, con fonogramma delle ore 23.45 dell’8 settembre, ordinò al CC.FF.NN.BB. di salpare per La Maddalena.

9 settembre

Ore 143709. Fu consegnato all’ammiraglio Bergamini un messaggio compilato alle ore 13.16 da Supermarina nel quale venne comunicato che La Maddalena era stata occupata dai tedeschi, ordinandogli di invertire la rotta e di andare a Bona. Di tale messaggio l’E.C. indica solamente: “Prot. 348 ora di trasmissione 14.24: ora compilazione 13.16 PAPA Cifrato 16 ter C. Supermarina a CC.FF.NN. Indecifrabile perché manca la chiave C;”. Tuttavia l’ammiraglio Sansonetti riferisce: “Senonché verso le 11.00 del giorno 9, fui chiamato alla telescrivente dall’ammiraglio Brivonesi, e da lui seppi che l’estuario era in mano dei tedeschi. Feci allora immediatamente telegrafare alla Roma di invertire la rotta e procedere senz’altro per Bona”. Tale messaggio viene riportato anche dall’ammiraglio Giuseppe Fioravanzo che scrive “verso le 13.00 Supermarina avvertita che forze germaniche avevano occupato La Maddalena, ordinò alle FF.NN. con radiomessaggio compilato alle 13.16 di dirigere a Bona. Esso fu potuto ricevere sulla Roma alle 14.24”

Ore 145509. Il CC.FF.NN.BB compilò il messaggio PAPA n. 06992 indirizzato a Supermarina e per conoscenza alla 7a, 8a e 9a Divisione, comunicando che aveva effettuato il dirottamento e che dirigeva su Bona. Tuttavia, l’unico testo rintracciato relativo a tale messaggio è quello solo parzialmente decifrato all’epoca in cui fu compilato l’”Elenco cronologico dei messaggi”, perché alcune sue parti risultavano illeggibili. Il testo riportato sull’”Elenco cronologico” è il seguente: “PAPA Cifrato Tabella A LODI da Comando FF.NN.BB. a Supermarina 06992 Tabella LODI (alt) Assicuro risposta messaggio 12286 gruppo orario [...] data notte 49 stagno chiedendo conferma [...] Dirottamento, fatto (alt) Tabella LODI 145509”.

Il fonogramma 06992 fu tuttavia regolarmente ricevuto e decrittato da Supermarina, così come risulta dal messaggio 57847 che tale Ente inviò alle ore 17.38 del 9 all’ammiraglio Oliva - subentrato nel Comando all’ammiraglio Bergamini, scomparso in mare con l’affondamento della Roma - in risposta alle sue richieste di istruzioni.

Il testo del messaggio di Supermarina era il seguente: “PAPA Cifrato 16 ter Onda AC. Da Supermarina 57847 a 7a Divisione, 8a Divisione, e 9a Divisione Confermo ordine Bona, ripeto Bona, precedentemente trasmesso (alt) Riferimento 06992 odierno del Comando Navale da Battaglia destinato Comando 7A Divisione per Forza Navale da Battaglia e p. c. Comando 8a Divisione e p. c. 9a Divisione”.

Pertanto da tale messaggio risulta incontrovertibilmente che l’ammiraglio Bergamini aveva indirizzato il fonogramma 06992 a Supermarina, e per conoscenza alle Divisioni dipendenti, per comunicare che non solo aveva effettuato il “dirottamento” ma anche che la nuova destinazione era Bona. Occorre altresì rilevare che l’”Elenco cronologico” riporta che il CC.FF.NN.BB. poté trasmettere a Supermarina il fonogramma 06992 solo alle ore 15.45, quando la Roma era già stata colpita dalla prima bomba. Si ritiene quindi che dato il tragico incalzare dell’azione offensiva degli aerei tedeschi la stazione radio del CC.FF.NN.BB. non fece in tempo a trasmettere il 06992 alle Divisioni dipendenti prima del suo affondamento. Infatti risulta che tale messaggio sia pervenuto solo a Supermarina (che lo cita) e non agli altri destinatari.

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